L’Italia che ho ritrovato

L’Italia che ho ritrovato

Dopo anni di America sono tornato in un Paese ben poco incline al cambiamento ed impreparato ad affrontare un avvenire incerto. A prevalere sono spocchia, mediocrità, ignoranza ed un complesso di strutture burocratiche ed apparati statali soffocanti che poco hanno di democratico.

Quale futuro immaginare per un Paese ove a prevalere sono i Grillo, i Salvini ed i Berlusconi? La situazione politica continua a essere fluida e precaria, l’economia non cresce e le questioni internazionali vi hanno priorità zero. La nostra condizione complessiva resta grave: insieme agli inglesi siamo quelli con più problemi e che, in Europa, destano maggiori preoccupazioni.

In quanto a Roma, nella quale ora mi trovo a vivere, non ho parole sufficienti per esprimere la mia delusione. I ricordi erano quelli di una città un po’ pigra, spesso distante dai grandi temi del mondo ma bellissima. Era comunque un luogo gradevole e vi si viveva bene. Ogni quartiere aveva una sua identità ed era un piacere girare per le stradine del centro.

Oggi è irriconoscibile. Cresciuta male, gestita peggio, sporchissima, caotica, scomoda, rumorosa e soffocata dal traffico. Lo stato dei parchi e del verde pubblico è deplorevole. I trasporti urbani gridano vendetta, così come il funzionamento della raccolta dei rifiuti. Le periferie si sono estese a macchia d’olio nella campagna romana e sono tra le cose più brutte ed insensate che si possano immaginare. L’incuria è talmente diffusa che, alla prima pioggia appena un po’ forte, ovunque si vedono allagamenti, mezza città resta bloccata e le zone archeologiche finiscono sott’acqua.

I cosiddetti arredi urbani colpiscono per il loro pessimo gusto ed il centro storico, che a me tanto piaceva, è diventato del tutto invivibile. A passeggiarci di notte si ha l’impressione di trovarsi in un qualcosa a metà tra la stalla ed il bivacco. L’illuminazione non potrebbe essere peggiore. Trastevere ha perduto ogni traccia di poesia e di colore ed è ormai infrequentabile, sozzo e ricoperto di graffiti.

La fauna umana vi è cambiata ed in peggio. Di civiltà se ne vede sempre meno, le buone maniere sembrano aver fatto la fine della buona politica e vi regna un senso di continuo e generale imbarbarimento. Che fine hanno fatto la decenza ed il buon gusto? La vita sociale vi è chiusa, asfittica e non offre molti stimoli. Le attività culturali, spesso ridotte a piccoli incontri o mostre provinciali, non sono degne di una capitale. Quando si parla con la gente, spesso ci si domanda che fine abbia fatto la lingua italiana. Al suo posto una specie di romanesco degenerato che nulla ha a che vedere con quella che era la lingua del Belli o di Trilussa.

Al contrario delle altre grandi capitali europee, non vedo una politica di investimento nella città. Il motivo è che manca una classe dirigente capace di visione e, perciò, di disegnare una nuova dimensione urbana fatta di progetti e piani strategici che consentano di guardare oggi a quella che sarà la città fra 10 o 20 anni.

A parte il suo passato ed i suoi monumenti, non c’è nulla che il mondo possa invidiarle. Cosa sia oggi Roma è difficile dirlo e, parafrasando Stendhal, chissà che non la si possa descrivere come l’unica città del Terzo Mondo senza quartiere europeo.

Ho potuto vedere una politica intrappolata in un clima di permanente campagna elettorale, troppo spesso prona ad usare il governo per promuovere sé stessa. Manca una visione di lungo termine e si amministra il presente nell’ottica di ciò che conviene. È assente, persino, un vocabolario della politica. Chi ci governa dovrebbe capire che vincere le elezioni non è la stessa cosa che governare.

Successivi governi non sono stati capaci di rispondere alle aspettative degli italiani e ai problemi e alle inquietudini venute a galla con il nuovo secolo.

Questo stato di cose ha portato alle elezioni del 4 marzo e alla sconfitta dei partiti tradizionali. Il dibattito sui migranti ed il recente crollo del viadotto Morandi a Genova hanno rivelato l’estrema superficialità di chi ci governa e temo che oggi al potere abbiamo dei bambini.

Chi ci governa dovrebbe sapere che compito della politica è quello di indicare la strada e non di mettersi a rimorchio degli umori della gente. Ad ogni cambio di governo c’è quasi da pensare che il Paese si abbassi al suo livello.

In un contesto di ignoranza, malafede, incompetenza e falsità, il nostro Paese rischia di trasformarsi in un serio pericolo per un’Europa che perde importanza e si sta sfaldando.

Lo dico con rammarico, ma a chi è giovane oggi posso solo consigliare di votare con le scarpe e allontanarsi da questo Paese.