La storia di un Paese meraviglioso

Storia di una città e di un sultano

​Ghazni diviene la capitale del primo grande regno musulmano sorto in Afghanistan. Il sultano Mahmoud ne fa una metropoli di artisti e la arricchisce con il bottino delle sue incursioni in India.

Spodestati i Samanidi, Mahmoud, che era figlio di uno schiavo, schiacciò i suoi rivali musulmani, invase l’India diciassette volte e convertì all’Islam la città di Kabul. Da Baghdad il Califfo gli concede i titoli di Sultano, Braccio Destro dell’Impero e Difensore della Fede.

​E’ a Ghazni che el-Birouni raccoglieva la saggezza dell’India, traduceva dal Sanscrito e faceva i suoi calcoli utilizzando i numeri indiani che, grazie a lui, presero il nome di numeri arabi. Giunsero poi in Occidente e sono quelli stessi numeri che utilizziamo noi oggi, incluso il concetto dello zero.

Si narra che Mahmoud, infuriato per una sua risposta, lo fece scaraventare da una finestra. Per sua fortuna, atterrò in un grande paniere. Si racconta anche che, ricevuto un invito a recarsi a Ghazni, il celebre medico Avicenna preferì fuggire nel deserto piuttosto che apparire al cospetto dell’irascibile Sultano.

A Ghazni arrivò anche Firdouzi che presentò alla sua corte lo Shah Nameh, il Libro dei Re. Mahmoud ebbe tanto piacere a leggere quest’epopea che decise di offrire una ricompensa al poeta. Considerandolo eretico in quanto seguace della corrente mutazilita (che anteponeva la ragione alla legge divina) gli fece dono di sole 20.000 monete d’argento. Si dice che Firdouzi, offeso, lasciò la somma come mancia al suo massaggiatore ed al suo barbiere.

Mahmoud, che incarnava tutte le virtù guerriere del Vicino Oriente, era un autocrate implacabile il cui potere assoluto rifletteva in terra l’arbitrio divino. Egli amava bere e concedersi alla pederastia. Mentre si dedicava a tali pratiche, sguinzagliava una polizia del costume armata di manganello e con il potere di lapidare. Questo corpo di agenti, i Moltasseb, sopravvisse fino alla fine del XX secolo.

Mahmoud morì nel 1030. Nel XV secolo Djami di Herat scrisse di lui che ce ne ricordiamo oggi perché oggetto dello scherno di Firdouzi.

La sua dinastia si chiuse in modo tragico nel 1149. Ghazni bruciò per sette giorni e sette notti. Fu così che il sovrano Ala ed-Din, proveniente dalla regione di Ghor nell’oriente dell’Iran, vendicò la morte dei suoi fratelli. Trottando sulle ceneri della città cantava: “Sono io colui che appicca il fuoco al mondo!”.

Storia di una città e di un sultano

​Ordinò che gli abitanti maschi venissero sgozzati. Alle donne destinò la sorte di finire in schiavitù. Fece poi riesumare le ossa dei successori di Mahmoud per raccoglierle e gettarle sul rogo. Fece risparmiare i mullah per condurli a Ghor, piccolo principato persiano ad Ovest dell’Hindu-Kush. Furno tutti uccisi e col loro sangue vennero impastati i mattoni delle mura cittadine.

Ghazni verrà ricostruita ma non vedrà mai più la fioritura della sua epoca d’oro. Molti ricorderanno con nostalgia e rimpianto le sue splendide moschee, i suoi palazzi di marmo ed i suoi trecento bagni pubblici.

​Di tutto questo, sopravvivono oggi solo alcune tombe e due celebri minareti.

L’eredità imperiale di Ghazni venne raccolta da Ghor, ma dopo meno di un secolo l’Afghanistan subirà ripetuti attacchi da orde di Turchi e Mongoli. Anche di questo centro oggi non resta quasi più nulla: l’unico monumento ancora visibile è il minareto di Djam, che si erge solitario tra le rocce di una gola dell’Hindu-Kush.